mercoledì 21 maggio 2008

risposta allo sfogo 2

Innazitutto ringrazio Alessandro per aver animato il blog con una dibattito su un tema oggi fondamentale e su tutte le cronache.
Chiaramente la mia posizione è leggermente diversa da quella di Alessandro.
Parto da alcune frase di un libro che un po’ di tempo fa mi è stato regalato. Si intitola “Ma come sono gli italiani?” e l’autore è Jivis Tegno un giornalista indipendente arrivato in Italia nel 1992. Nel capitolo sugli immigrati (così è stato intitolato) dice: “per venire in Italia spesso gli uomini e le donne straniere, oltre ad utilizzare tutti i propri denari, ricorrono a collette in famiglia o dei prestiti che si vanno ad aggiungere alla somma che, quando possibile, viene inviata da un fratello o da un parente già sistemato in Italia”; “Una volta arrivati in Italia, molti extracomunitari si rendono conto che la nazione non è fatta per loro: nella maggior parte dei casi vengono completamente esclusi dalla società e di conseguenza anche loro non sentono l’esigenza o il desiderio di integrarsi”; “la necessità di abitare in tanti in alloggi piccoli deriva dal prezzo elevato degli affitti delle abitazioni e dalle basse retribuzioni che i datori di lavoro italiani danno”; “più di una volta mi è successo che, mentre ero con i miei amici, in piazza o al mercato o ad una fermata dell’autobus o tra la folla, sia poliziotti che carabinieri ci hanno chiesto documenti mentre raramente ho visto la stessa scena verso italiani”.

Cosa ce ne importa, molti diranno.., se poi noi lavoriamo fino a sera per pagare le rette dell’asilo per i nostri figli? Cosa ce ne importa se poi non possiamo permetterci una casa dignitosa se non accedendovi grazie a cospicui contributi famigliari (per chi se lo può permettere!) o a mutui che difficilmente sono accessibili e “gestibili” per i giovani? Cosa ce ne importa se poi molti atti criminali vedono coinvolti gli immigrati e le nostre città “sembrano-sono” meno sicure?
La mia passione politica, per uno schieramento preciso (che per fortuna si sta radicalmente modernizzando), deriva dall’aver condiviso fin dall’adolescenza alcuni principi che il centro-sinistra promuoveva-ve e che ne hanno generato la nascita stessa fra la fine dell’’800, inizi del ‘900. Mi pare utile in questo dibattito riprenderne almeno 2 e applicarli alla modernità globalizzata:

UGUAGLIANZA: Engels disse che “"E così la diseguaglianza si muta a sua volta in eguaglianza, non però nell'antica eguaglianza naturale degli uomini primitivi privi di linguaggio, ma in quella più elevata del contratto sociale. Gli oppressori vengono oppressi. È negazione della negazione". Poi l'art. 3 della Costituzione afferma che Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge,... aggiungendo poi È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...
Se un cittadino straniero vive e lavora regolarmente nel nostro paese, generalmente a basso costo per il datore di lavoro, e paga regolarmente le tasse, perché non dovrebbe avere gli stessi diritti e doveri degli “autoctoni”, magari sulla base di un contratto sociale che può firmare o di cui può essere pubblicamente investito (guardate cosa fa in tal senso il Canada!!)?
Il vero tema oggi in Italia, che la politica non enfatizza a dovere, credo sia la certezza del diritto e della pena. Quest’ultima in particolare dovrebbe colpire tutti coloro, italiani e stranieri, che commettono dei reati. Purtroppo la comunicazione berlusconiana di questi anni ci ha insegnato che la giustizia si può raggirare e comunque la detenzione spesso non è commisurata alla pena. Oltre al diritto dove è finito il meccanismo collettivo delle sanzioni sociali? Perché oggi si ha paura di andare dall’amministrazione, dalle forze dell’ordine (nel rispetto dei ruoli e dei compiti che devono essere chiari e conosciuti) a sottolineare un possibile problema di criminalità, sia essa micro o macro? Perché se a Pieve ci sono delle situazioni sospette non vengono poste a chi di dovere? Perché altre situazioni (come ciò che avviene al Parco l’Isola che non c’è) passano innoservate da parte di chi di dovere? Credo che questi temi debbano essere comunicati e che sia ora che la nostra generazione si impegni seriamente a superare alcuni meccanismi della politica-giustizia-economia che sono irrigiditi, stagnanti e che hanno bisogno di una vera e propria “nuova stagione” per essere anche solo incrinati.

ATTENZIONE VERSO I Più DEBOLI: questo concetto, tanto caro alla cultura cattolica, necessita di essere recuperato e promosso. Una nuova cultura che consideri con attenzione i più deboli, non solo stranieri, può essere perseguita sia attraverso i simboli e la comunicazioni ma anche attraverso impegni concreti. Credo che l’attenzione verso i più deboli (la solidarietà) non sia da intendersi solo in termini di aiuti monetari e non ma anche come opportunità di crescita collettiva delle persone con le quali viviamo quotidianamente. Perché per televisione o nei nostri territori tendiamo a valorizzare esempi e gesti di chi già è affermato? Perché le azioni e i successi di chi già ha sembrano più importanti di altri? Vi assicuro che Venerdì scorso, alla cena marocchina organizzata a Renazzo, l’emozione più grande è stata osservare gli sguardi felici delle donne che, dopo aver preparato per ore la cena, sono state ringraziate da tutti i commensali. Per non parlare dei volti e sorrisi dei bambini stranieri che correvano e parlavano con noi. Bè credo proprio che la serata sia stata più bella e ricca di un qualsiasi programma su Sky o che da Flemming (e anche molto gustosa!).
Per quanto riguarda gli impegni concreti non vi è dubbio che una nuova cultura per esempio del rispetto dell’ambiente debba partire da noi prima che dagli stranieri… che prevedere più alloggi di edilizia convenzionata (per giovani e anziani) nei futuri sviluppi urbanistici sia un compito-dovere delle amministrazioni pubbliche.. così come per i datori di lavori un impegno a “sfruttare” meno per migliorare invece la qualità di vita e le opportunità dei propri dipendenti!!!
Come dice Giddens nel suo ultimo libro (peraltro meraviglioso) “l’Europa nell’età globale”, “la solidarietà sociale è l’integrazione di una società in rete, dai confini porosi, in cui la cittadinanza positiva dà vita ad un insieme efficace di obblighi sociali e ad una cultura ben precisa di rispetto nei confronti degli altri, rispetto che va dagli incontri nella vita di tutti i giorni fino ai rapporti astratti con culture remote”

Scusate lo sfogo, ma ho colto l’occasione per dire alcune cose che penso!!! Credo che SI Può FARE….e comunque sono convinto che siamo noi come Paese (il numero dell’Internazionale che citava la Laura merita in questo senso), come persone, come giovani, a dover evitare di toccare il fondo.

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