venerdì 9 maggio 2008

sul caso di verona

Vi sottopongo questo articolo di Ilvo Diamanti. Che ne pensate?


Figli di buona famiglia
di Ilvo Diamanti

"Giovani di buona famiglia". Così vengono definiti i cinque teppisti che hanno ammazzato Nicola Tommasoli. Colpevole di non aver voluto "consegnare" loro una sigaretta, dopo regolare intimazione. Giovani ultrà. Ultrà-giovani. Occasionalmente di estrema destra. Neonazi oppure neofasci. Giovani ultrà. Abituati ad avere uno stadio a disposizione per esibire i loro muscoli, i loro slogan, i loro simboli contro gli altri. I nemici. Gli "altri". Non solo quelli dell'altra parte politica. Dell'altra parte. Ma "gli altri", in generale. Gli stranieri, i nomadi. Gli ebrei. I deboli. Hanno in spregio le persone "comuni". A cui la violenza non piace. Quelli che la sera, in città, tirano tardi con gli amici. E passeggiano in centro città. Immaginando che possa ancora essere una città. Luogo dove, appunto, passeggi con gli amici. Fumi la sigaretta. Chiacchieri. Luogo di relazioni, insomma. Rete di comunità. Non un agguato politico. Ma un'aggressione "per caso". Chissà: gli aggrediti potevano essere leghisti, magari perfino fascisti. In quel momento erano solo persone comuni. Finite sulla strada di persone extra-ordinarie. Super-uomini in libera uscita. Giovani di buona famiglia anche quelli che, a Torino, hanno costretto i vigili ripiegare. Dopo averli circondati e aggrediti, qualche sera fa. La notte prima della festa. I vigili impudenti e imprudenti. Pretendevano di multare le auto in sosta dovunque, in Piazza Vittorio Veneto. In pieno centro. Perfino lungo le rotaie del tram. Tanto la notte non circola. Pretendevano, i vigili. Di interrompere la festa infinita. La "movida", come la chiamano adesso. La notte bianca che si celebra ogni fine settimana. Pretendevano di ostacolare il libero accesso alle auto e ai suv che, ovviamente, sono padroni della notte. (In realtà, anche del giorno). Ovvia la rivolta di questi giovani di buona famiglia contro tanta sfacciata arroganza. Così, a centinaia, hanno costretto i vigili a fuggire. Non senza aver inferto loro qualche colpo, qualche botta. Così, a futura memoria. Certo, in questo caso non li hanno massacrati. Non erano neonazi e neofasci. Solo ragazzi normali, di "buona famiglia". Si sono limitati ad affermare la legge del controllo sul territorio. Filmando la scena, regolarmente diffusa su "You tube". A scopo esemplare.
Questi "figli di" buona famiglia, tecnologicamente attrezzati ed esperti. Per fortuna: sono nati in tempi molto diversi e lontani da quel maledetto 1968, di cui si celebrano i nefasti, a quarant'anni di distanza. L'eredità di illusioni mancate e di violenze mantenute. Questi giovani di buona famiglia, invece, non guardano lontano. Non cercano figure e utopie di altri mondi. Il comunismo, Mao, Che Guevara... Semmai - alcuni di essi - guardano più indietro. Riscrivono storie da cui isolano ciò che interessa loro. Il mito della forza. Il seme della violenza. Che coltivano, quotidianamente, esercitando l'odio contro gli altri. Poveracci, accattoni, zingari e stranieri. Clandestini e non. Perché non conta distinguere, ma categorizzare e colpire "l'altro". Lo stesso che fa paura alla gente comune. Quella che mai si sognerebbe di bruciare un campo nomadi, tantomeno di ammazzare di botte un ragazzo perché non ti dà una sigaretta. Potrebbe essere loro figlio, l'aggredito. E gli aggressori potrebbero essere loro figli. Giovani di buona famiglia. Quelli abituati a sfogarsi il sabato sera, in discoteca, o nei bar del centro. Nelle piazze e nelle strade. Molti bicchieri e qualche pasticca per tenersi su di giri. Per ammazzare il tempo insieme alla noia. E l'angoscia che ti prende, in questa vita normale, in questa società normale, in questa città normale. Dove i divieti sono comunisti e le regole imposizioni inaccettabili. Dove dirsi "buoni" è un'ammissione di colpa. E la debolezza un vizio da punire. Giovani di buona famiglia. Genitori che deprecano questa società senza autorità, senza divieti e senza punizioni. E poi si indignano: di fronte ai divieti e alle punizioni. Alle autorità autoritarie. Quando colpiscono loro e i loro figli. Sempre gli ultimi a sapere. Cadono dalle nuvole, se scoprono cosa combinano, quei loro figli, a cui hanno dato tutto. Senza chiedere nulla. Senza sapere nulla di loro. Questi genitori di buona famiglia. Ce l'hanno contro questa scuola senza voti. Contro i professori che non si fanno rispettare. Contro i maestri che non sanno comandare. Non sanno punire. Questi genitori. Non capiscono e non accettano: i professori che impongono rispetto, comandano e puniscono. E magari bocciano. I loro figli. Giovani di buona famiglia. Figli di buona famiglia. Figli di. (La Repubblica, 5 maggio 2008)

1 commento:

Laura Pozzoli ha detto...

Continuo a provocarvi lasciando ui il commento a questo articolo di Diamanti di Arnaldo Spallacci, sociologo, che mi è stato girato da un'amica.

"Il fatto vero è che di questi eventi tragici se ne sono visti tantissimi, molti se ne vedranno, non solo di nazi skin. Chi deve "spiegare" (e non solo condannare) non sa bene che dire; sarebbe onesto e opportuno "sospendere il giudizio"; ma non può farlo Diamanti, e gli altri commentatori che sempre sono chiamati a "dire", a "spiegare", è il loro mestiere, ben remunerato (un solo esempio: U. Galimberti, che pure lui scrive su Repubblica, uno dei protagonisti della fiera mediatica della "psicointerpretazione").
Posso solo dire che trovo sbagliatissime l'utilizzo politico che già se ne sta facendo a sinistra (leggere a tale proposito l'Unità); è già partito l'esercito degli antiberlusconiani istituzionali, Furio Colombo in testa.
Le violenze come quelle di Verona hanno origini che non è facile individuare "razionalmente", nè "politicamente"; sbaglia qui Diamanti a tirare fuori comunisti, ideali, Che Guevara, ecc, i nomadi, gli stranieri, ecc. o la categoria "dell'altro".
Gran confusione, fa Diamanti, e gli altri della sinistra. L'ho ascoltato a Radio Tre, nella conduzione di "Prima pagina", la mattina alle 7.15. Davanti ad un ascoltatore che gli chiedeva della violenza urbana, Diamanti non ha saputo dire di meglio che la causa sta nelle città, che oggi non sono più "abitate", e che il rimedio non sta nelle telecamere, che ci mostrano solo "ombre".
E allora io qui ti propongo una riflessione: abbiamo perso, alle elezioni, ed è facile - ma naturale - mettere sotto accusa il ceto politico della sinistra; qualcuno ne propone un cambiamento, totale, una sostituzione integrale con volti nuovi. Ma io qui voglio dire che il cambiamemto non dovrebbe solo riguardare il ceto politico strictu sensu, ma piuttosto un più vasto ceto politico-culturale: un mondo accademico, artistico, giornalistico, intellettuale, ecc; ben piazzato nelle sedi universitarie, nei grandi giornali, nei centri studi, nelle case editrici, nei talk show televisivi e radiofonici, nei circoli culturali ... il 95% è di sinistra, spesso di sinistra estrema; un mondo che non teme nulla, che non "rischia" come il politico, che qualche riscontro elettorale lo deve pur subire; loro - il ceto politico-culturale - non rischiano nulla, sono ben protetti, godono di ottimi finanziamenti, fondano e rifondano Centri studi, sono Rettori di università, il reddito è assicurato per sempre.
Ed è qui che noi perdiamo. Prendi un elettore "normale", cioè uno che non legge Micro Omega, che non sa chi è Odifreddi, che ignora l'esistenza di Don Ciotti, delle ONG, che guarda poco (buon per lui) Anno zero e L'Infedele ... insomma uno che molti fra noi (non io) giudicherebbero un pò primitivo, un uomo "semplice", un potenziale "berlusconiano" .. ; bene, costui, dovendo scegliere fra le "città non abitate" e le "ombre" delle telecamere di Diamanti, e il discorso del Sindaco di Cittadella (comune leghista in provincia di Treviso) che dice "non ho fondi per gestire una fortissima immigrazione" ... a chi darebbero "ascolto", chi giudicherebbero "realista", meglio "affidabile"?
Io conosco Cittadella, ci sono stato, ho parlato a lungo direttamente con i migranti che là vivono, clandestini e non. Ho "interrogato" loro, non il sindacalista, l'operatore della Caritas, l'intellettuale del paese, lo scrittore, l'esponente di Rifondazione o del PD; loro - i migranti - mi hanno detto, tutti, che lì non stanno male, che i servizi sono buoni, la sanità funziona, il figli a scuola stanno discretamente ... insomma ti dicono che lì non è il paradiso, anzi, ma che a Cittadella (e a Treviso, e altri comuni del trevigiano) vivono male o bene esattamente come in altre parti di Italia, dove prima hanno risieduto (inclusa l'Emilia Romagna, la Toscana ..); e che non sanno granchè, e non ne sono interessati, delle varie polemiche sui sindaci, sulle panchine tolte a Treviso dal Sindaco Gentilini perchè non vi dormissero i clandestini .. insomma mi hanno detto che questi problemi (il grande circo mediatico che su ciò si è sollevato) sono questioni "nostre", non "loro" ...
Da Verona sono finito a Treviso ... e mi domando perchè i sociologi (preciso che è il mio mestiere) non vanno a fare indagini direttamente presso i migranti, invece che riportare il punto di vista del "testimone" scelto ad hoc fra consulte di stranieri già da noi precostituite e politicamente targate.
Quindi, noi perdiamo .. ed è incredibile, perchè perdiamo le elezioni nonostante i Diamanti e i Colombo, le Sabine Guzzanti e i Benigni, nonstante Ballarò e Santoro, nonostante la Repubblica e Rai Tre, nonostante la Ferrilli e Proietti, nonostante Fazio e la Littizetto, nonostante Travaglio e il giudice Caselli .. nonostante questo immenso circo politico culturale, convinto di essere il centro del mondo, che non tollera - loro sì - la presenza, la sola idea che esista "l'altro", seppure fanno scuola di tollereranza a tutto campo; è quasi impossibile liberarsene, sono troppo forti, insediati da decenni nelle istituzioni "culturali"; ma se il loro potere non sarà ridotto, inutile sperare in una riabiltazione della sinistra; un qualunque Berlusconi, o Sindaco di Cittadella, o Alemanno, saranno molto più convincenti"